Tracce di Sándor Márai a Salerno

Michele Nigro
5 min readJan 20, 2020

(Marai Sandor, ph dal web)

Incuriosito da alcuni articoli letti in rete e riguardanti la permanenza salernitana — dal 1968 al 1980 — dello scrittore ungherese Sándor Márai, ho voluto anch’io mettermi sulle sue tracce. Con umiltà, senza alcuna “pretesa biografica”, con lo spirito del passeggiatore pomeridiano. Non ho dovuto faticare moltissimo per ritrovare i due punti (non bibliografici) più significativi del suo passaggio a Salerno: nelle fonti che ho consultato prima di mettermi in viaggio da Battipaglia verso il capoluogo di provincia (fonti suggeritemi tempo fa da una cara e fondamentale persona, già lettrice appassionata di Márai) è riportato tutto molto chiaramente.

Prima tappa: Lungomare Cristoforo Colombo (quartiere Mercatello). Già avevo letto dello scempio compiuto nel gennaio del 2009: il busto di Sándor Márai rubato (o meglio, “scardinato”) e mai più restituito, recuperato o sostituito, lascia un vuoto “metafisico”, più che materico, in chi osserva il ‘monumentino’ guardando in direzione del mare di Salerno che da sempre accoglie in un abbraccio liquido tragedie e speranze. Si può benissimo passare dinanzi al piedistallo anonimo che lo sosteneva, senza notarlo, e andare oltre distrattamente, per poi ritornare indietro ed esclamare in un pomeriggio nuvoloso, freddo ma non ancora piovoso di gennaio: “Ah, eccolo!”. Un pezzo di marmo abbandonato, senza più la ragione del suo essere stato fabbricato e collocato proprio lì, in un ormai lontano 2006.

Voglio pensare che i vandali (senza offendere l’omonima gloriosa popolazione germanica che diede molto da fare all’Impero Romano), riutilizzando o rivendendo il metallo del busto di Márai, siano stati almeno più “intelligenti” e affaristi degli iconoclasti dinamitardi dell’ISIS: ma è un pensiero forzato che non mi consola a lungo. A completare il comprensibile scoramento del passante, si staglia sul bianco del marmo una icastica scritta a pennarello nero, deprimente e fin troppo chiaro segno dei tempi, riportata subito al di sotto del nome “Marai Sandor” inciso all’epoca dall’artista del monumento sul piedistallo sopravvissuto; la scritta, riprodotta sui quattro lati del parallelepipedo, come a non voler perdere di vista i quattro punti cardinali dell’ottusità mentale, dice: “W Salvini”.

Alla fine l’autore de “Le braci”, “La donna giusta”, “La recita di Bolzano”…, e della raccolta salernitana “Terra! Terra!… Ricordi”, ha dovuto cedere il passo (almeno nella mente dei più ignoranti!) all’eloquio pseudo-religioso (e soprattutto pseudo-politico) di quello che il giornalista Andrea Scanzi ha definito nel titolo di una sua fortunata pubblicazione “Il cazzaro verde”. Nel già mutilato monumento a Marai, ora ridotto a “Pasquino per leghisti del Sud”, la lampante sintesi di un’epoca.

Nonostante tutto, il moncone continua a guardare verso il mare (lo stesso che, in un punto lontanissimo da qui, accoglie le ceneri dello scrittore): forse c’è speranza, anche se sarebbe stato meglio se a guardare verso il mare fossero stati gli occhi bronzei dell’autore ungherese. Il “monolite”, stavolta bianco a differenza di quello immortalato nel film “2001: Odissea nello spazio”, ci intima — senza emettere suoni assordanti — un cambio di rotta culturale. Forse un giorno tutti, ma proprio tutti, riscopriremo la fortuna di aver ospitato nella nostra città, anche se per un periodo relativamente breve, ma lunghissimo per l’economia temporale di un esiliato, uno scrittore che ha scelto di vivere una parte dei suoi anni in quelli che per noi sono i luoghi di una familiare quotidianità. Forse un giorno sapremo valorizzare lo sforzo di chi ha tentato di omaggiare il passaggio di un’esistenza discreta come fu quella di Sandor Marai a Salerno.

(ph M. Nigro — 20/01/2020)

Seconda tappa: a parziale risarcimento per lo scoraggiante impatto con il “monumento senza busto”, mi sono diretto internamente, lontano dal mare (a pochi minuti a piedi dal Lungomare Colombo), verso quella che fu l’abitazione salernitana di Sandor Marai, in Via Trento n.64. In un angolo, tra il traffico automobilistico e i passanti impegnati a fare shopping, sopravvive alla stupidità umana e a un vandalismo in cerca di metalli, la targa marmorea che ricorda il “vissuto casalingo” di una figura di rilievo della letteratura del ‘900. Come è riportato sulla pagina di Wikipedia dedicata allo scrittore: “Marai e la moglie decisero quindi di tornare in Italia e si stabilirono a Salerno all’inizio del 1968. Qui, isolato dal mondo culturale, ma vicinissimo ai ceti popolari, lo scrittore visse fino al maggio 1980 […] Nel periodo salernitano scrisse la raccolta Terra! Terra!… Ricordi e intensificò le pagine del suo diario.”

Nove anni dopo aver lasciato Salerno e nove mesi prima della caduta del Muro di Berlino, Marai sceglierà una sua personale exit strategy dalla vita terrena: ci sono esili interiori che nessun muro, cadendo, può risolvere…

(ph M. Nigro — 20/01/2020)

(ph dal web)

Il monumento, anche prima del furto del busto, non ha avuto una vita facile…

Originally published at http://pomeriggiperduti.home.blog on January 20, 2020.

--

--

Michele Nigro

Amo la lettura e quindi i libri, mi diletto nella scrittura di racconti, poesie, brevi saggi, articoli. Il mio blog è https://pomeriggiperduti.home.blog/